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Garfagnana, Italia

Informazioni

Il Gruppo di azione locale GAL Montagnappennino ha sede nel territorio della Garfagnana, della Media Valle del Serchio, dell’Alta Versilia e dell’Appennino Pistoiese. Le quattro aree geografiche fanno parte delle province di Lucca e Pistoia, nella Toscana nord-occidentale, per un territorio complessivo di 2110 km2 (1872 montani) e comprendono 27 comuni.

Morfologicamente, le aree della Garfagnana e della Media Valle del Serchio (parte centrale del territorio) sono strutturate attorno al sistema fluviale del Serchio e ai sistemi montuosi che vi confluiscono, ovvero il sistema apuano e quello appenninico, caratterizzati a loro volta da profonde valli trasversali. L’area dell’Alta Versilia è composta da 2 comuni nell’area delle Alpi Apuane (parte occidentale) e l’area della Montagna Pistoiese è composta da 4 comuni dell’Appennino nella provincia di Pistoia (parte orientale). L’area offre una grande varietà di paesaggi, una fascia montuosa impervia e incontaminata sulle Alpi Apuane, prativa e con un pendio più dolce sull’Appennino, che si trasforma alle quote più basse in una collina ricca di prati e campi coltivati di particolare bellezza paesaggistica. Il corso del fiume Serchio, con un’ampia sponda ghiaiosa, segna ovunque il centro della valle.

La vetta più alta della Toscana, il Monte Prado (2054 m), si trova al confine tra Garfagnana ed Emilia-Romagna, mentre la vetta più alta delle Alpi Apuane, il Monte Pisanino (1947 m), si trova interamente nell’alta Garfagnana.

L’area denominata Montagna pistoiese si trova a nord e a nord-ovest di Pistoia, sulla dorsale meridionale dell’Appennino tosco-emiliano e si estende dall’Alpe delle Tre Potenze (1940 m), che domina la Val di Luce e fa parte del comprensorio sciistico dell’Abetone, fino alle pendici orientali del Monte La Croce (1318 m), nei pressi della Foresta dell’Acquerino. Confinante a nord-ovest con la provincia di Modena e a nord con quella di Bologna, presenta alcune differenze tra la parte occidentale, marcatamente alpina, e quella orientale, morfologicamente più dolce, tipicamente appenninica e caratterizzata da quote non superiori ai 1300 metri, separate dalla valle del fiume Reno.

I principali punti deboli dell’intera area sono il declino demografico, una densità di popolazione pari alla metà della media regionale e un elevato indice di vecchiaia e di dipendenza del 57% della popolazione.

La popolazione totale dell’area nel 2020 era di 88.343 persone, mentre nel 2001 era di 96.556 persone. I dati demografici confermano la tendenza costante alla diminuzione della popolazione. Dal 2011 al 2020 si è registrata una diminuzione complessiva della popolazione totale dell’area pari a -7,58%.

I dati al 2019 sulla struttura della popolazione mostrano che nell’area la popolazione con più di 65 anni rappresenta il 29% del totale, in aumento di oltre un punto percentuale rispetto al 2014, dove si attestava al 27,81%. Questo valore segna un consistente peggioramento rispetto al dato di otto anni prima, nel 2001, dove la percentuale era del 24,8%. Nel 2019, la popolazione con più di 85 anni rappresenta il 5 per cento del totale nella provincia di Lucca e il 6,74 per cento nella provincia di Pistoia, ancora in crescita rispetto ai dati del 2014 dove alcuni comuni avevano già percentuali ancora più alte.

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Per quanto riguarda la ripartizione tra i vari settori di attività, circa il 12% delle unità locali si occupa di agricoltura, il 30% di industria e il 58% di altre attività terziarie. All’interno di questi, il settore “commercio” pesa per quasi la metà e, sul totale delle unità locali, rappresenta il 26%. L’agricoltura ha un’incidenza percentuale maggiore nella provincia di Pistoia (16% delle unità locali) rispetto alla provincia di Lucca (11% delle unità locali).

Le imprese iscritte al Registro delle Imprese della provincia di Lucca al 31.12.2019 sono 42.714, 167 unità (-0,4 per cento) in meno rispetto al dato registrato a fine 2018. Il calo conferma il perdurare dell’onda lunga della crisi economica iniziata nel 2008 e manifestatasi con fasi alterne fino ad oggi.

Il contesto socio-economico, ma soprattutto le condizioni sociali, le relazioni umane e qualsiasi comunità, sono state messe a dura prova per tutto il 2020 e il 2021, in quanto il breve periodo di restrizioni non ha permesso una piena ripresa, ma anzi si è trascinato, esacerbando le criticità precedenti.

Le scelte operate per la gestione dell’emergenza COVID-19, hanno drasticamente e bruscamente, senza alcuna possibilità di mettere in atto politiche preventive di gestione progressiva dello stato di emergenza, cambiato i parametri di riferimento in ogni settore delle nostre comunità. Molte imprese hanno rielaborato le loro strategie e le comunità hanno cercato nuovi equilibri e avviato esperienze socio-economiche all’interno del loro contesto sociale, iniziative che però sono state sempre limitate da vincoli che non potevano essere pienamente espressi. La comunità si è confermata un elemento fondamentale, un potenziale luogo di condivisione, contaminazione, integrazione e progettazione. In questo contesto si è sviluppata, nella seconda metà del 2021, l’attività di animazione della nuova scheda d’azione specifica LEADER “Progetti di rigenerazione delle comunità“, cercando di cogliere ciò che già si muoveva spontaneamente e di stimolare risposte in questa direzione.

I punti di forza rimangono gli elementi strutturali dell’area, ovvero storia-ambiente-cultura-tradizioni-agroalimentare e specialità gastronomiche. I punti di forza sono il forte legame identitario tra produzioni artigianali, agroalimentari e saperi locali, le emergenze storico-architettoniche, paesaggistiche, il contesto naturalistico di buona qualità a supporto della qualità della vita e dell’attrattività turistica; la disponibilità di patrimonio immobiliare nei centri storici per uso residenziale e attività turistico-ricettive; la presenza diffusa di una vocazione associativa e di volontariato; la presenza di esperienze socio-culturali come potenziali elementi di contaminazione e inclusione.

Le maggiori criticità sono rappresentate dalla disomogenea distribuzione territoriale dei servizi commerciali, soprattutto a scapito dei centri storici, dallo scarso ricambio generazionale nelle realtà imprenditoriali a causa della fragilità demografica, dalla ridotta attrattività del contesto territoriale per nuovi investimenti, dal degrado dei centri storici e del contesto paesaggistico, dalla distanza dai servizi per i residenti nei centri non capoluogo, dal ridotto livello di imprenditorialità nel settore sociale, dalla forte criticità nel trasferimento di buone pratiche a sostegno dei giovani imprenditori e dell’innovazione nelle aziende.

Nel territorio dell’area GAL sono presenti due aree parco (il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e il Parco Regionale delle Alpi Apuane) con una superficie totale rispettivamente di 1.946 ettari e 13.758 ettari. Inoltre, sono presenti 8 Riserve statali (4 nel territorio della provincia di Lucca e 4 nel territorio della provincia di Pistoia) con una superficie totale di 2.227 ettari.

Un elemento recente che caratterizza ulteriormente il contesto ambientale-paesaggistico è il riconoscimento come Riserva MaB UNESCO dei territori del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Questo rappresenta una notevole opportunità in quanto il territorio potrà entrare nel processo di sviluppo del branding delle Riserve della Biosfera applicato anche ai prodotti alimentari di alta qualità e al loro utilizzo in ambito gastronomico.

I punti di forza sono una buona strutturazione della rete naturalistica locale (parchi, aree protette, sentieri escursionistici…), un’elevata e diffusa biodiversità agricola (varietà antiche) che può consentire il loro recupero e valorizzazione per la creazione di mercati “di nicchia” ad alto valore aggiunto, un elevato know-how per la conservazione del germoplasma di razze e varietà antiche (Banca Regionale del Germoplasma Vivaio La Piana).

I punti di debolezza sono la forte contrazione della superficie agricola a causa di diffusi fenomeni di abbandono e denaturalizzazione, la riduzione del numero di occupati in agricoltura e l’aumento del numero di addetti.

Il potenziale rappresentato dalla biodiversità vegetale e animale, una cultura e un’azione consolidata di esperienze locali, nazionali e transnazionali, il recupero e la conservazione di specie animali e vegetali, la loro introduzione in campo aperto e la qualità dei prodotti primari e trasformati ad esse collegati, possono essere un punto di partenza da cui superare la carenza di terreni agricoli e le difficoltà insite nella struttura geomorfologica del nostro territorio.

Per quanto riguarda la digitalizzazione, da evidenziare è la mancanza di competenze digitali della popolazione rurale e la bassa percentuale di famiglie con accesso alla banda larga veloce: il 47% nelle aree rurali contro l’80% nelle aree urbane. Manca una formazione professionale sugli strumenti digitali ed è difficile riunire gli stakeholder perché gli strumenti per migliorare la cooperazione non sono sufficientemente sviluppati.

Le raccomandazioni politiche sono quelle di sviluppare una progettazione partecipata delle soluzioni digitali attraverso un processo multistakeholder che deve essere interattivo e incentrato sulle persone. L’approccio dovrebbe generare una piattaforma che serva agli stakeholder per portare avanti l’innovazione con alcuni principi: coinvolgimento, processo decisionale democratico, dialogo e consenso.

Alcune delle alternative politiche presenti nell’area:

Cooperazione tra gli stakeholder: molte iniziative singole, mancanza di cooperazione intersettoriale. Per gli agriturismi vengono utilizzati siti web individuali o Airbnb; ma c’è un forte divario di competenze, che riduce il margine di profitto. Inoltre, i codici QR per ottenere feedback dagli ospiti non sono ben gestiti.

Negli anni passati erano disponibili fondi dal GAL, ma non è stata presentata alcuna domanda di progetto sul tema della digitalizzazione.

Purtroppo, la portata di questa trasformazione è solo parzialmente presa in considerazione da chi progetta, adotta o finanzia l’innovazione basata sulle tecnologie digitali. Se applicata su larga scala e senza azioni di compensazione (ad esempio, riqualificazione e ricollocazione della forza lavoro) o di prevenzione (legislazione per regolare l’uso e la proprietà dei dati), l’automazione può generare (in parte ha già generato) effetti sociali dirompenti, come disoccupazione, perdita di autonomia e violazione della privacy. Inoltre, la disparità di accesso alla connettività crea divisioni tra chi è connesso e chi non lo è, ampliando le disuguaglianze sociali e aumentando gli squilibri di potere.

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